martedì 22 marzo 2011

Messaggio delle Potenze Celesti tramite Giorgio Bongiovanni riguardo la guerra che è scoppiata nel Mediterraneo e che interessa anche il nostro paese




L’ULTIMA GUERRA?

PRENDETE ATTO DEI NOSTRI REITERATI AVVERTIMENTI!
VI ABBIAMO DETTO PIÙ VOLTE CHE L’INGANNO È PEGGIORE DEL TRADIMENTO.
LE NUMEROSE GUERRE CHE SI SVOLGONO NEL VOSTRO MONDO, COMPRESA L’ULTIMA APPENA INIZIATA NEL MEDITTERRANEO CONTRO LA LIBIA, HANNO MOTIVAZIONI NETTAMENTE CONTRARIE A QUELLE CHE I POTENTI DIVULGANO ALL’OPINIONE PUBBLICA. NON SONO GUERRE PER LIBERARE E PACIFICARE MA GUERRE DI CONQUISTA E DI SOPRAFFAZIONE.
I DITTATORI SANGUINARI COME MUAMMAR GHEDDAFI SONO STATI ARMATI DAGLI ATTUALI AGGRESSORI, SONO STATI ALIMENTATI DALLE STESSE NAZIONI CHE ORA LO AGGREDISCONO.
QUESTA È LA VERITÀ.
L’APOCALISSE È INIZIATA, ANCHE QUESTA È LA VERITÀ.
ADESSO ASPETTATEVI DA QUI A NON MOLTO TEMPO IL RITORNO DI COLUI CHE DISSE:
“Non vi lascerò orfani, tornerò in mezzo a voi…” (Gv 14,18)
“Allora si vedrà il figlio dell’uomo venire sulle nubi con grande potenza e gloria” (Mc 13,26).
PACE!

DAL CIELO ALLA TERRA

Sant’Elpidio a Mare (Italia)
20 marzo 2011. Ore 12:38
Giorgio Bongiovanni
Stigmatizzato




GUERRA NEL MEDITERRANEO

Esplosioni nella capitale, il raiss reagisce con i cannoni anti-aerei «Per l'Occidente sarà l'inferno».
Cina e Russia condannano i raid
Muammar Gheddafi ha fatto sentire la sua voce, mentre stamani riprendevano i raid aerei contro la Libia e il capo dei militari Usa dichiarava che la no fly zone è stata «imposta».
Nella sua prima manifestazione dall’inizio dell’attacco della coalizione il rais ha promesso ai nemici, paragonati ai nazisti, «l’inferno» di una «lunga guerra» che alla fine sarà vinta dalla Libia, perchè la Libia è «alla testa dei popoli in rivolta». Dunque, occidentali, «pensateci».
Stamani i raid, che erano cessati verso l’alba, sono ripresi intorno alle 11 ora italiana. Fra i vari attacchi, tre bombardieri invisibili (stealth) hanno colpito con 40 bombe una base aera libica, secondo la tv americana Cbs. A mezzogiorno (in Italia) il capo di stato maggiore Usa, ammiraglio Mullen dichiarava: la no fly zone «è stata effettivamente imposta sui cieli libici» e che la contraerea libica è stata «resa inoffensiva».
Breve, violento e infuocato il discorso del rais, un messaggio in audio in diretta dalla tv libica e ritrasmesso in tutto il mondo. Un messaggio che chiama i popoli alla rivolta e pieno di minacce per gli occidentali, definiti «barbari, terroristi, mostri, criminali», il cui unico scopo è di «appropriarsi del nostro petrolio». «Avete attaccato il civile popolo libico che non vi aveva fatto nulla», ha detto. Ma il terreno libico, ha detto il rais nella sua sfuriata audio, diventerà «l’inferno» per i suoi attaccanti.
Gheddafi ha detto che i depositi di armi sono aperti, che i libici si stanno armando. «Vi combatteremo», ha assicurato, e «sarà una guerra lunga», combattuta su «un fronte vasto, su un terreno troppo vasto» per gli attaccanti, da persone «pronte a morire da martiri». «Voi (occidentali) volete il nostro petrolio, ma la nostra terra ci è stata data da Dio. Noi non la lasceremo a voi francesi, americani o britannici e continueremo la guerra per liberarla...Noi siamo oppressi e colui che è oppresso vincerà, mentre coloro che opprimono saranno sconfitti», ha detto mentre la tv di stato libica mostrava un fermo immagine sul monumento del pugno che distrugge l’aereo americano, eretto nella casa di Gheddafi distrutta nel raid Usa del 1986.
Gheddafi, ricordando che il popolo libico ha «già sconfitto gli italiani» colonizzatori, ha rimarcato che gli occidentali, non imparano mai le lezioni del passato: «L’attacco alla Libia è una nuova crociata contro l’Islam, ma sarete sconfitti, come già siete stati sconfitti in Iraq e in Somalia, come vi ha sconfitto Bin Laden» e come «siete stati sconfitti nel Vietnam». Quindi l’invito agli attaccanti: «Chiudetevi nelle vostre basi» e «pensateci bene». Poi il Colonnello ha chiamato a raccolta tutti i popoli «oppressi», rivendicando a sè la primogenitura, in largo anticipo, della rivoluzione dei popoli, delle ribellioni nel mondo arabo: «I popoli sono in ribellione dappertutto, anche nel Golfo Persico, e noi, il popolo libico della Jamahiriya, siamo alla testa della rivoluzione».
Intanto cresce la paura per gli stranieri presenti in Libia. L’equipaggio di un rimorchiatore d’altura italiano è stato trattenuto nel porto di Tripoli da uomini armati: a bordo, secondo quanto appreso dall’ANSA, otto italiani, due indiani e un ucraino. I fatti, secondo le scarne informazioni disponibili, si sono verificati ieri pomeriggio, verso le 17 di ieri, dunque poco prima dell’attacco dei caccia francesi alla Libia. Il rimorchiatore stava sbarcando a Tripoli dei lavoratori libici della Noc, la società petrolifera libica, quando alcuni uomini armati, tra cui uno che si sarebbe qualificato come il comandante del porto, hanno fermato l’equipaggio, impedendo alla nave di ripartire. Gli italiani e gli altri si troverebbero tuttora a bordo.
Il rimorchiatore d’altura è della società Augusta Offshore spa di Napoli, una società fondata nel 1986 e specializzata nel servizio di assistenza alle piattaforme petrolifere e in attività di esplorazione e produzione. La sede principale è a Napoli, dove è distaccato il dipartimento commerciale e tecnico: inoltre, la società ha basi operative in Italia a Siracusa, in Egitto al Cairo, in Brasile a Rio De Janeiro e Macaè. Negli uffici napoletani, off limits al momento per i giornalisti, si è insediata una task force di dipendenti impegnata a seguire gli sviluppi della situazione. Il personale è in costante contatto con l’ad della compagnia, Mario Mattioli, che è anche presidente nazionale di Assorimorchiatori. L’Unità di Crisi della Farnesina sta seguendo con attenzione la situazione.
Il ministero degli Esteri, secondo quanto si apprende, è in contatto in queste ore con la società armatrice ma la situazione rimane ancora «fluida» e si ritiene «prematura» per il momento ogni valutazione. L’Asso 22 due anni fa sali all’onore delle cronache per una importante operazione di soccorso di immigrati di cui fu protagonista: era il marzo del 2009 quando il rimorchiatore riuscì a mettere in salvo oltre 350 migranti al largo delle coste libiche. In quel periodo il rimorchiatore, lungo 75 metri, stava assistendo tre piattaforme petrolifere al largo della Libia quando incrociò una carretta del mare in difficoltà carica di migranti che fu agganciata e rimorchiata fino al porto di Tripoli. In seguito al quell’operazione la Cgil Campania chiese che all’equipaggio del rimorchiatore fosse conferita la medaglia al valor civile.
20/03/2011 LA STAMPA

Libia: continua l’attacco, anche gli Usa bombardano

Continua il raid militare sulla Libia dopo che ieri la Francia aveva aperto il conflitto con l’invio dei jet. Oggi gli Usa hanno bombardato Tripoli fino all’alba dopo aver sganciato dagli Stealth (gli aerei invisibili ai radar) circa 40 bombe che hanno colpito una base aerea.
L’operazione militare della coalizione internazionale “Odyssey Dawn” continua così con il susseguirsi di attacchi aerei e marittimi sulle coste della Libia.

Un aeroporto libico è stato attaccato da bombardieri stealth B-2 Spirit, aerei Usa invisibili ai radar. Secondo la stampa inglese, tra gli obiettivi colpiti nei primi raid di “Odyssey Dawn” ci sarebbe anche un aeroporto vicino a Tripoli usato per i voli dei fedelissimi del regime, preso di mira per impedire agli uomini di Gheddafi di fuggire.
In queste ore i bombardamenti hanno lo scopo di costringere il leader libico Muammar Gheddafi a cessare il fuoco e colpire quanti più obiettivi militari possibili.
Intanto sia a Bengasi che a Tripoli i bombardamenti sono stati sospesi perché roccaforte dei ribelli al regime del Raìs ed i residenti stanno pian piano tornando nelle loro abitazioni.
Il ministro degli Esteri libico ha fatto sapere che il regime considera “nulla” la Risoluzione Onu n° 1973 che impone la no fly zone sulla Libia e chiede una riunione urgente del Consiglio di Sicurezza dell'Onu.
A cura di Francescochristian Schembri

Così la comunità internazionale crea Stati figli e figliastri
di Massimo Fini

L’Onu ha autorizzato i raid aerei sulla Libia. Francia e Gran Bretagna sono già pronte a far intervenire i loro caccia perché abbattano quelli di Gheddafi che bombardano i rivoltosi libici, e non è escluso che l'Italia metta a disposizione della Nato le sue basi aeree. Non è una dichiarazione di guerra alla Libia, non sia mai, oggi ci si vergogna di fare la guerra e si preferisce chiamarla "operazione di peace keeping" a difesa dei "diritti umani".
Salta definitivamente il principio internazionale di "non ingerenza militare negli affari interni di uno Stato sovrano" insieme al diritto di Autodeterminazione dei popoli sancito a Helsinki nel 1975 e sottoscritto da quasi tutti i Paesi del mondo, compresi quelli che stanno per intervenire in Libia. Qui siamo in una situazione diversa dagli interventi in Iraq nel 1990 e nel 2003 e in Afghanistan nel 2001. Nel primo conflitto del Golfo, l'Iraq aveva aggredito il Kuwait, uno   Stato sovrano, sia pur fasullo creato nel 1960, esclusivamente per gli interessi petroliferi degli Stati Uniti. L'intervento quindi era legittimo, anche se il modo con cui fu condotta quella guerra fu bestiale perché gli americani, pur di non affrontare fin da subito, sul terreno, l'imbelle esercito iracheno (che era stato battuto perfino dai curdi, in quel caso Saddam fu salvato dalla Turchia il grande alleato Usa nella regione) e correre il rischio di perdere qualche soldato, bombardarono per tre mesi le principali città irachene facendo 160mila morti civili, fra cui 32.195 bambini (dati del Pentagono). Nel 2003 c'era il pretesto delle "armi di distruzione di massa". Si scoprì poi che queste armi, che Stati Uniti, Urss e Francia gli avevano fornito, Saddam non le aveva più, ma intanto gli americani hanno ridotto l'Iraq a un loro protettorato dove è in corso una feroce guerra civile fra sciiti e sunniti che provoca decine e a volte   centinaia di morti quasi ogni giorno tanto che in Occidente non se ne dà più notizia. In Afghanistan si voleva prendere Bin Laden, ma dopo dieci anni la Nato è ancora lì e occupa quel Paese, avendo provocato, direttamente o indirettamente, 60mila morti civili (e nessun Consiglio di sicurezza si è mai sognato di imporre una "no fly zone" ai caccia americani che, per battere gli insorti, bombardano a tappeto cittadine e villaggi facendo ogni volta decine di vittime civili, come sta facendo Gheddafi in Libia). La situazione è invece identica all'intervento Nato in Serbia dove, all'interno di uno Stato sovrano, c'era un conflitto fra Belgrado e gli indipendentisti albanesi, foraggiati dagli americani, del Kosovo che della Serbia faceva parte.   Noi, che non abbiamo baciato la mano a Gheddafi, che non abbiamo permesso ai suoi cavalli berberi di esibirsi alla caserma Salvo d'Acquisto e al dittatore di volteggiare liberamente per Roma avendo al seguito 500 troie, e che parteggiamo per i rivolto-si di Bengasi, siamo assolutamente contrari a qualsiasi intervento armato in Libia. Per ragioni di principio e perché questi interventi internazionali sono del tutto arbitrari. Dividono gli Stati in figli e figliastri. Nessuno ha mai proposto una "no fly zone" in Cecenia dove le armate russe di Eltsin e dell' "amico Putin" hanno consumato il più grande genocidio dell'era moderna: 250 mila morti su una popolazione di un milione. Nessuno si sogna di intervenire in Tibet (chi si metterebbe mai, oggi, contro la succulenta Cina?) o in Birmania a favore dei Karen. E così via. In ogni caso bisogna essere consapevoli delle conseguenze delle proprie azioni. Se l'Italia presterà le proprie basi   per l'intervento militare in Libia non potrà poi mettersi a "chiagne" se Gheddafi dovesse bombardare Brindisi, Bari, Sigonella, Aviano o una qualsiasi delle nostre città. Gli abbiamo, di fatto, dichiarato guerra, è legittimato a renderci la pariglia. 
IL FATTO QUOTIDIANO 19 MARZO 2011

No all'intervento militare contro la Libia
di Giulietto Chiesa - 18 marzo 2011 - Megachip

Mi proponevo di scadenzare i miei interventi a ritmi più lunghi, ma la crisi mondiale galoppa a tale velocità che non si può restare indietro. Poiché temo che siamo alla vigilia di una guerra, questa volta alle nostre porte, ritengo mio dovere dire cosa sta succedendo.
Lo faccio non da solo, ma insieme ad altre persone che stimo. Forse contiamo poco, ma, per quel poco, abbiamo deciso di far sentire la nostra voce. Per un dovere non solo politico ma soprattutto morale. Noi non usiamo due pesi e due misure. E ricordiamo, per esempio, il silenzio che accompagnò l'eccidio dei palestinesi della striscia di Gaza. Allora nessuno gridò all'intervento militare contro i massacratori e contro uno stato sovrano quale Gaza era già divenuto.
Adesso ci risiamo con gl'interventi "umanitari". Stare zitti non si può. Quello che segue è il parere comune di un gruppo di privati cittadini. Altri, se vorranno, potranno aggiungersi.
Dopo il voto, inaccettabile, del Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite che ha autorizzato, insieme alla no-flight zone, il ricorso a “tutte le misure necessarie” (di fatto il via libera ai bombardamenti), si moltiplicano le notizie di un imminente intervento militare anglo-francese (con una misera foglia di fico araba) sulla Libia.
Noi, che siamo cittadini di un paese che porta responsabilità grandi per la situazione che storicamente si è creata in Libia, ci dichiariamo disponibili a sostenere ogni azione legittima che contribuisca a fermare lo spargimento di sangue e a trovare una soluzione politica alla crisi, mentre dichiariamo la nostra ferma contrarietà ad ogni azione bellica condotta dall'esterno contro un paese sovrano.
Quale che sia il regime, quale l'ordinamento che lo regge, la Libia resta un paese sovrano. Un paese diviso, in preda a una guerra civile assai grave, che ha già prodotto migliaia di vittime, ma non vi sono tribunali esterni, tanto meno armati, che potranno sciogliere legittimamente i nodi che vi si sono aggrovigliati. Non c'è alcuna legittimità in questa impresa, se verrà tentata.
L'obiettivo dei sostenitori dell'intervento è consegnare la Libia a un partner affidabile in qualità di fornitore di materie prime energetiche.
Sappiamo già che la no-flight zone sarà presa come pretesto per bombardamenti, come al solito “chirurgici”, di cui altri morti, militari e civili, saranno il prezzo che il popolo libico dovrà pagare.
Ironia della sorte, toccherà di nuovo a Francia e Inghilterra il ruolo infausto che assunsero nella lontana crisi di Suez. Allora agirono apertamente nel loro interesse. Oggi fingono di farlo per “ragioni umanitarie”.

Marino Badiale, Maria Bonafede, Gennaro Carotenuto, Angelo Del Boca, Tommaso Di Francesco, Giulietto Chiesa, Massimo Fini, Maurizio Pallante, Fernando Rossi, Alex Zanotelli.



La lingua di legno
di Giulietto Chiesa

Ha dichiarato la guerra, il piccolo capo francese. Voleva entrare nella storia, come ha lasciato capire, e ha deciso di farlo mettendosi l'elmetto. Misso dominico di una "comunità internazionale" in stato di palese confusione, perché non s'era ancora vista una risoluzione del Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite che dà mandato al primo che passa di cancellare uno Stato sovrano. Noi sappiamo bene chi sono, in questo caso, i "primi che passano". E infatti i bravi soldatini dell'Impero calante si sono messi in fila (Italia compresa, seppur di malavoglia) per infliggere le loro bastonate al reprobo. Lui, il piccolo capo francese, ha parlato per tutti quelli che ci stanno.
Ma aveva la "lingua di legno", se così possiamo tradurre, alla lettera, l'espressione francese "langue de bois".
S'è visto, nella penosa apparizione televisiva, che la lingua gli pesava. Non perché Sarkozy non sappia dire le bugie, ma perché le ha ripetute troppe volte. Anzi sempre la stessa.
Un perfetto discorso in stile sovietico, come quello che i dirigenti del Cremlino amavano ripetere sempre quando parlavano della "indistruttibile amicizia dei popoli", appunto sovietici. La esaltavano sempre, ripetutamente, ossessivamente. Al punto che era diventato un rituale automatico. Così si finiva per capire (lo straniero, perché i sovietici lo sapevano già a memoria) che era sul dente che doleva che la lingua finiva sempre per battere. E cioè che non c'era nessuna amicizia, e che, non appena tolto il guanto di ferro che sorreggeva la finzione, quei popoli si sarebbero sbranati tra di loro. Come fecero, dividendosi.
Ecco, il piccolo capo ha fatto altrettanto, senza rendersi conto di imitare il Cremlino comunista: ha ripetuto per ben tre volte, in un breve discorso, lo stesso concetto, consistente nell'unica affermazione (ovviamente bugiarda) secondo cui lo scopo della guerra sarebbe quello di "consentire al popolo libico di scegliere".
Scegliere cosa? Ma, ça va sans dire, è ovvio: quello che ha deciso la cosiddetta "comunità internazionale". Monumento a Orwell. Parafrasi del "comma 22".
Ogni volta il giro di frase era leggermente diverso, ma l'idea era una sola. Quella di far pensare alla gente che ascoltava, che i fuochi d'artificio che sono cominciati servono solo per illuminare il cammino del popolo libico.
Verso dove? Questo è stato meno chiaro. Ma, con quella lingua di legno non poteva districarsi meglio.
La Libia, ex paese sovrano, diventerà una pompa di benzina per le grandi compagnie petrolifere occidentali. Il picco del petrolio è stato già superato da tempo, ma con questi chiari di luna giapponesi, con il nucleare che va a farsi benedire, bisogna pur mettere qualche cosa nel serbatoio, finché si può.
L'unica incognita è cosa ne penseranno di queste nuove bombe , e missili, e navi, e aerei, che l'Occidente manda per illuminare il loro cammino, i giovani con meno di trent'anni che stanno dando vita alla più grande sollevazione popolare della storia araba di tutti i tempi.
Tratto da: http://www.giuliettochiesa.it/index.php?option=com_k2&view=item&id=2088:la-lingua-di-legno&Itemid=7

Gino Strada: ''Bisognava pensarci prima La guerra? Non si deve fare mai''
di Wanda Marra - 20 marzo 2011 - Tratto da: Il Fatto Quotidiano

“La guerra è stupida e violenta. Ed è sempre una scelta, mai una necessità: rischia di diventarlo quando non si fa nulla per anni, anzi per decenni”. Gino Strada, fondatore di Emergency (che tra l’altro proprio in questi giorni sta lanciando il suo mensile E, in edicola dal 6 aprile), mentre arriva il via libera della comunità internazionale all’attacco contro la Libia e cominciano i primi bombardamenti, ribadisce il suo “no” deciso alla guerra come “mezzo di risoluzione delle controversie internazionali”, citando la Costituzione italiana.

Che cosa pensa dell’intervento militare in Libia?
Questo è quello che succede quando ci si trova davanti a situazioni lasciate incancrenire. L’unica cosa che auspico è che si arrivi in fretta a un cessate il fuoco. La risoluzione del Consiglio di Sicurezza dell’Onu è molto ambigua nella formulazione: vanno adottate “tutte le misure necessarie per proteggere la popolazione civile”. Vuol dire tutto e niente.

Dunque, lei è contrario?
Assolutamente. Il mio punto di vista è sempre contro l’uso della forza, che non porta da nessuna parte.
Ma allora bisogna stare a guardare mentre Gheddafi bombarda la sua popolazione?
Sono un chirurgo. Non faccio il politico, il diplomatico, il capo di Stato. Non so in che modo si è cercato di convincere Gheddafi a cessare il fuoco. E poi le notizie che arrivano sono confuse e contraddittorie.

Però, alcuni punti sembrano chiari: che Gheddafi è un dittatore, contro il quale c’è stata una rivolta popolare e che sta massacrando i civili, per esempio...
Che Gheddafi sia un dittatore è molto chiaro. Che stia massacrando i civili è chiaro, ma impreciso: lo fa da anni, se non da decenni. E noi, come Italia, abbiamo contribuito, per esempio col rifornimento di armi. Se il principio è che bisogna intervenire dovunque non c’è democrazia, mi aspetto che qualcuno cominci i preparativi per bombardare il Bahrein. Che facciamo, potenzialmente bombardiamo tutto il pianeta? Sia chiaro, non ho nessuna simpatia per Gheddafi, ma non credo che l’uso della violenza attenui la violenza. Quanti dittatori ci sono in Africa? Bisogna bombardarli tutti? E poi: con questo ragionamento, la Spagna potrebbe decidere di bombardare la Sicilia perché c’è la mafia.

Questo conflitto però viene percepito come intervento umanitario, più di quanto non sia accaduto, per esempio, con quelli in Afghanistan e in Iraq. Lei non crede che questo caso sia diverso da quelli?
Ogni situazione è diversa dall’altra. I cervelli più alti del pianeta hanno una visione della politica che esclude la guerra. Voglio rifarmi a ciò che scrivono Einstein e Russell, non a ciò che dicono i Borghezio e i Calderoli. Sarkozy non mi sembra un grande genio dell’umanità. E dietro ci sono sempre interessi economici.

Ma qual è la soluzione?
A questo punto è molto difficile capire cosa si può fare. Si affrontano le questioni quando divengono insolubili. A questo punto che si può fare? Niente, trovarsi sotto le bombe. Non è possibile che si ragioni sempre in termini di “quanti aerei, quante truppe, quante bombe”. Invece, magari avremmo potuto smettere di fare affari con Gheddafi.

Che cosa pensa della posizione italiana?
Vorrei conoscerla. Frattini un paio di giorni fa ha detto che “il Colonnello non può essere cacciato”. Cosa vuol dire: che non si deve o non si può? Noi non abbiamo nessuna politica estera, come d’altra parte è stato ai tempi dell’Afghanistan e dell’Iraq.

Salta agli occhi come questa guerra stia scoppiando senza una vera partecipazione emozionale. E senza nessuna mobilitazione pacifista. Per protestare contro l’intervento in Afghanistan ci furono manifestazioni oceaniche in tutto il mondo.
A Roma eravamo tre milioni.

E adesso dove sono quei tre milioni?
Non è un dettaglio il fatto che le forze politiche che allora promuovevano le mobilitazioni, in Parlamento poi hanno votato per la continuazione della guerra. E, infatti, la sinistra radicale ha perso 3 milioni di voti.

Ma al di là della politica, l’opinione pubblica tace.
Questa guerra è arrivata inaspettata: se andrà avanti sicuramente ci sarà una mobilitazione per chiedere che si fermi il massacro.

Inaspettata o no, il silenzio del movimento pacifista colpisce.
Il movimento pacifista esiste e porta avanti le sue battaglie, da quella per la solidarietà, alla lotta contro la privatizzazione dell’acqua, al no agli esperimenti nucleari. E certamente si farà sentire per chiedere la fine del massacro.

Dunque, secondo lei non c’è un addormentamento delle coscienze?
Certo che c’è, e non potrebbe essere il contrario. Abbiamo un governo guidato da uno sporcaccione, e nessuno dice niente. Ha distrutto la giustizia, e nessuno dice niente. Sono anni che facciamo respingimenti e si incita all’odio e al razzismo. Non sono cose che passano come gocce d’acqua.

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